Cattiveria e crudeltà delle anime nere di tutta Italia

In questo blog potrai leggere e vedere le immagini della crudeltà e della cattiveria umana .
Da Nord a Sud, isole comprese, una passerella di azioni vergognose, criminali, inumane, un repertorio di incuria, freddezza, avidità e ruberia.
La bassezza d'animo dell'essere umano viene portata alla luce.
Tutto compiuto contro creature deboli ed indifese, senza tutela reale e spesso ridotte senza dignità.
Quando decidi di andare in vacanza, scegli il tuo luogo di villeggiatura anche con questo parametro :
chi abita in questo posto ?

Al cuore del problema

Ogni anno migliaia di cani vengono introdotti nei canili esistenti nel nostro Paese. Nei canili migliori solo alcuni riacquistano dignità attraverso l'adozione. In altri li aspettano malattie, sbranamenti o comunque la fine naturale della vita trascorsa dietro le sbarre. Il tutto con costi altissimi per le amministrazioni. Aiutateci a dire basta. Il fenomeno del randagismo si può controllare e sconfiggere.


COSA DICE LA LEGGE:
Secondo la normativa vigente i sindaci sono responsabili per i cani vaganti nel territorio del Comune che amministrano.

Al fine di curare i cani presenti nel suo territorio, i Comuni ricevono finanziamenti da parte dello Stato centrale (pagati da noi cittadini mediante le tasse) per cui gli stessi sono tenuti a predisporre le strutture per risolvere il problema del randagismo e a finanziarle con i denari a ciò destinati.


LA SOLUZIONE MIGLIORE:
Le Associazioni senza scopo di lucro costituiscono i migliori soggetti per la gestione del canile in quanto, agendo senza scopo di lucro, danno maggiori garanzie sul fatto che i denari ad esse corrisposti dal Comune siano effettivamente destinati alla migliore cura del cane.


QUELLO CHE ACCADE NORMALMENTE:
L'affidamento ai gestori privati è invece assai pericoloso in quanto gran parte degli stessi sono tentati dal non garantire buone condizioni di vita o la stessa sopravvivenza dei cani ospitati nel canile al fine di massimizzare i guadagni.

A mero titolo di esempio, vi segnaliamo che sono numerosi i Comuni che hanno stipulato convenzioni con gestori privati per l'affidamento agli stessi della gestione dei canili a seguito di gare di appalto vinte con aste fortemente al ribasso. Sono numerosi gli esempi di gestori che hanno vinto con offerte che prevedano il mantenimento del cane per soli 70 centesimi di euro al giorno! 70 centesimi con cui il gestore dovrebbe pagare il cibo per il cane, le cure mediche, parte delle spese di gestione (operai, luce, acqua etc.) e, addirittura, ricavarci qualcosa per vivere.

Appare del tutto evidente, quindi, che in tali casi il benessere del cane non potrà di certo essere garantito.


IL BUSINESS DEL RANDAGISMO: 500 MILIONI DI EURO ALL'ANNO
Parecchi imprenditori privati hanno nella gestione dei canili una vera miniera d'oro. Si tratta spesso di delinquenti o persone senza scrupoli capaci di creare importanti connivenze con istituzioni che dovrebbero controllare.

Il business del randagismo in Italia genera un fatturato annuale di circa 500 milioni di Euro. 500 milioni di euro pagati dai contribuenti che spesso sono oggetto di vere e proprie truffe da parte dei gestori ai danni dei Comuni e, quindi, di chi paga le tasse.


IL CUORE DEL PROBLEMA:
Nella maggioranza dei Comuni poi la domanda d'ingresso dei cani supera largamente l'offerta di posti in canile, con la conseguenza che per ogni cane morto o fatto adottare, sono pronte altre due richieste di accalappiamento e che chi volesse speculare riesce a percepire sempre e comunque il suo guadagno su un numero garantito di cani. Alla minima spesa sul singolo animale corrisponde il massimo guadagno in termini di utile.

Così che si assiste spesso ad insufficienza di personale, mancanza di lavoratori qualificati, minimi spazi nei box, in cui i cani superano il numero di 3 animali, arrivando anche ad essere 15 o più, senza tenere in alcun conto la loro compatibilità (la prima causa di morte in canile è lo sbranamento!!!!).

Per non parlare delle speculazioni che si realizzano attraverso l'accalappiamento degli animali e lo smaltimento delle loro carcasse che crea un circolo vizioso per cui prima muore un cane prima si guadagna sullo smaltimento della sua carcassa e sull'accalappiamento del nuovo cane che lo sostituisce.


LA CONNIVENZA:
Altro fenomeno che acuisce il problema è la forte connivenza tra chi dovrebbe controllare e chi è controllato. Accade sovente nei Comuni più piccoli (ma non solo) che il Sindaco (che affida la gestione del canile), i responsabili della ASL (preposti al controllo) e il gestore del canile (colui che dovrebbe essere controllato) siano amici, compagni di merende o, addirittura, parenti.

Appare evidente come in queste situazioni sia realmente impossibile far rispettare la legge e far garantire il benessere dei cani ospitati nei canili.


LA SOLUZIONE:
Ciò non accadrebbe se i Comuni provvedessero come per legge alla costruzione e risanamento delle proprie strutture e soprattutto ne affidassero la gestione ad Associazioni di volontariato senza scopo di lucro, che diano garanzie di controllo, di apertura al pubblico e di trattamento secondo parametri di benessere misurabili molto elevati.

L'ACL – Associazione Canili Lazio Onlus da anni combatte il fenomeno del randagismo. Perché il canile deve essere un punto di partenza per una nuova vita alla quale arrivare attraverso l'adozione e non un punto di arrivo in cui morire.

Abbandono : condanna a morte

Abbandono  : condanna a morte

venerdì 27 novembre 2009

I crostacei soffrono ? Per i tribunali, pare di no. I ristoratori ringraziano il giudice , le aragoste no.

 

LEGGO
25 NOVEMBRE 2009

 

In tribunale si discute delle "lacrime" dei crostacei

 

In tribunale si discute delle "lacrime" dei crostacei. Capita in un processo per maltrattamento di animali a carico di 2 ristoratori che avevano esposto a beneficio degli avventori astici vivi sul ghiaccio. Secondo il pm Giulio Benedetti, i ristoratori «cagionavano agli astici sevizie» fino a causarne la morte. Tuttavia, il giudice Monica Amicone li ha assolti, sostenendo che non si può parlare di crudeltà, perché gli astici sono «animali non dotati di sistema nervoso centrale». Ieri il pm ha ricorso in appello, citando studi secondo i quali anche gli astici soffrono. E se la tesi degli imputati è lapalissiana («Non ritengo che un astice possa soffrire sul ghiaccio in quanto è un animale a sangue freddo», si sono difesi), una ricerca della Queen's University di Belfast spiega che «anche le aragoste (e i gamberetti) piangono». Per dimostrarlo il biologo Robert Elwood ha «versato dell'acido acetico sulle antenne di 144 gamberetti che si sono strofinati l'area affetta per più di 5 minuti».


IL GIORNALE
25 NOVEMBRE 2009
 
«Anche i crostacei soffrono». Serviva un giudice per capirlo
 
OSCAR GRAZIOLI
 
Astici e aragoste, scampi e mazzancolle, granchi e gamberetti, principi e regine di sontuose grigliate, di volgari spaghetti allo scoglio o di nobili spuntini in camere dorate d'alberghi a ore, oggi vi rendiamo la giustizia e la dignità di cui, pochi giorni orsono, un giudice incauto vi aveva privato. Due anni fa in un ristorante di Milano i NAS trovarono alcuni astici vivi adagiati direttamente a contatto con il ghiaccio. I due titolari del ristorante vengono denunciati per maltrattamento di animali, giudice Monica Maria Amicone (non certo degli degli astici), l'8 ottobre scorso, li assolve, sostenendo che non si può parlare di crudeltà da parte dei due imputati, perché non è dimostrabile l'insopportazione al dolore degli astici, «trattandosi di animali non dotati di sistema nervoso centrale». Per fortuna la sentenza è rivista, pochi giorni fa, quando il pubblico ministero Giulio Benedetti, si legge nel capo di imputazione, eccepisce che mettendo gli astici sul ghiaccio per essere cucinati i due ristoratori «cagionavano loro sevizie e li sottoponevano a comportamenti e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche etologiche fino a causarne la morte».Ma insomma astici e aragoste provano dolore o no? I fischi e i sibili emessi dall'aragosta gettata viva nell'acqua bollente sono effettivamente una risposta dolorifica o piuttosto si tratta di una reazione rumorosa delle chele da noi interpretata in modo così orripilante? Per quanto i norvegesi, fra i primi a studiare i meccanismi dolorifici nei crostacei, abbiano concluso anni fa che è assai improbabile la sofferenza di astici e aragoste, più recentemente gli scozzesi, con le loro ricerche sui recettori della morfina, hanno affermato che ci sono ormai sufficienti lavori scientifici a dimostrazione della capacità dei crostacei di provare dolore. Per quanto privi di una vera corteccia cerebrale, questi animali sono dotati di un vero e proprio Sistema Nervoso Centrale e qualunque essere ne sia provvisto è certo provi forme più o meno sviluppate di sensibilità algica.Un altro studio condotto dai ricercatori di Belfast nel 2007 dimostra che le chele si arrossano e si ritraggono, se vengono a contatto con certe sostanze irritanti, cosa che non succede se si usano anestetici locali.Anche in Italia il problema è stato dibattuto a lungo, prima di emanare normative che impediscono ai commercianti di legare in modo permanente le chele dei crostacei o di adagiarli, ancora vivi sui banchi delle pescherie, direttamente su un letto di ghiaccio. L'Istituto Zooprofilattico di Brescia, nel 2007, ha rilasciato il suo parere, secondo il quale queste manovre sono da evitare perché costituiscono un grave stress per questi animali che è bene portare a 6 gradi di temperatura lentamente prima di tagliare per il lungo, con una lama affilata, il corpo, distruggendo il loro sistema nervoso.Niente pentola d'acqua bollente in cui tuffarli vivi dunque e, in questo, ci viene in aiuto ora un imprenditore inglese, Simon Buchaven, che ha inventato il CrustaStun, un congegno che, tramite la corrente elettrica, porterebbe all'incoscienza l'aragosta in meno di 3 secondi e alla sua morte certa in meno di 10. Ma voi ce la fate a ordinare un astice al ristorante, sapendo che finirà sulla sedia elettrica?

ANSA
24 NOVEMBRE 2009
 
Astici vivi nel ghiaccio "provano dolore"
Lo ha scritto un pm di Milano nel motivare l'impugnazione di una sentenza
 
MILANO - Anche gli astici, nonostante non abbiano un sistema nervoso centrale, possono provare "esperienze simili a quelle dei vertebrati in termini di sofferenza". Lo scrive il pm di Milano Giulio Benedetti, sulla base di alcune ricerche scientifiche, nel motivare l'impugnazione di una sentenza del Tribunale di Milano che ha assolto con formula piena un ristoratore milanese e la moglie.I due erano finiti sotto processo per maltrattamento di animali in quanto avevano esposto, in una delle sale da pranzo, alcuni dei prelibati crostacei su un letto ghiacciato prima di farli finire, ancora in vita, in pentola. Nel motivare l'assoluzione, il giudice monocratico della settima sezione penale ha sostenuto che non c'é reato perché si tratta "di animali non dotati di un sistema nervoso centrale, e tali da non consentire il giudizio certo circa l'insopportabilità del comportamento". Il pm, nell'atto di appello, spiega che l'affermazione del giudice "non è condivisibile in quanto la stessa è formulata (...) senza aver svolto una consulenza tecnica". Il pm Benedetti, invece, cita nell'atto le consulenze che ha fatto svolgere, tra cui quella di Paolo Candotti dell'Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia Romagna. "Il posizionamento degli animali sul ghiaccio - si legge - è assolutamente inappropriato sia come metodo anestetico che come metodo di stoccaggio". Il pm riporta anche il parere di un veterinario che spiega come "un sistema nervoso può essere più o meno elementare, ma sarà in grado di recepire il massimo della stimolazione". Anche il sistema nervoso di un astice o di un'aragosta, quindi, si legge ancora, "é in grado di espletare le funzioni massime di ricezione degli stimoli sia negativi e dolorosi".
 

 

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